Elena Germani Psicologa e Psicoterapeuta del Benessere

bulli e bullismo: facciamo chiarezza

Le parole “bullo” e “bullismo” sono entrate prepotentemente nell’uso quotidiano. Sempre più spesso si definiscono come tali molti episodi che a volte non hanno niente a che fare con questi termini. Pensiamo, per esempio, quando arriva a conoscenza dell’opinione pubblica un episodio di violenza tra ragazzi… è facile che si tenda ad etichettarlo erroneamente come un atto di bullismo. Facciamo chiarezza sui termini.

 

Negli ultimi anni si è parlato molto di bullismo, anche se in realtà questo fenomeno non è così recente. I primi studi risalgono al 1968 per opera di un gruppo di studiosi norvegesi che ne diedero la seguente definizione: “Uno studente è oggetto di azioni di bullismo, ovvero è prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto ripetutamente nel corso del tempo alle azioni offensive messe in atto da uno o più compagni”.

 

Sicuramente il bullismo è un atto di aggressività.

Potremmo definirlo una sottocategoria del comportamento aggressivo: tutte le forme di bullismo sono esempi di condotte aggressive! Ma, ovviamente, non tutti i comportamenti aggressivi sono atti di bullismo.

Capita spesso di sentire che sia etichettato come bullismo qualsiasi atto di aggressività che si verifica tra ragazzi. In realtà non si può parlare di bullismo se si verifica un episodio isolato in cui Andreuccio se la prende con Mariolino. Sarà certamente un atto di aggressività o un dispetto (a seconda della gravità) ma non potremo definirlo di bullismo in senso stretto. Per parlare di bullismo, è necessario che i comportamenti si verifichino ripetutamente.

Oggi si definisce il bullismo un insieme di comportamenti aggressivi messi in atto da uno o più studenti verso altri compagni. I protagonisti infatti sono sempre bambini o ragazzi che condividono il medesimo contesto, in genere quello scolastico.

 

Le caratteristiche di un atto di bullismo

Gli atti aggressivi devono essere caratterizzati da:

  • Intenzionalità: Andreuccio pesta deliberatamente un piede a Mariolino perché vuole fargli male e far vedere che è più forte di lui.
  • Persistenza nel tempo: la situazione deve persistere per più di quattro mesi e i ruoli di bullo e vittima devono essere specifici. Con il termine “specifici” si intende il fatto che Andreuccio è sempre il bullo e Mariolino sempre la vittima.
  • Disequilibrio di potere: la vittima non è forte né fisicamente né “interiormente” come il bullo. Non è infatti in grado di difendersi. Possiamo parlare di asimmetria nella relazione per età, forza, genere o popolarità che il bullo ha nel gruppo di coetanei.

 

Ricordiamo poi che il termine “bullismo” è generico.

Parlando di bullismo si possono intendere molteplici atteggiamenti. Possiamo infatti distinguere diversi target e diverse modalità di attacco. Questi argomenti meritano una trattazione a parte e li affronterò in un post successivo.

È evidente comunque che il bullismo non è né uno scherzo maldestro né un litigio tra amici. Nello scherzo infatti si presuppone un divertimento per tutti gli attori coinvolti. Invece il litigio è un evento sporadico ed episodico tra due soggetti che hanno una relazione alla pari.

Adesso vi lascio con un video realizzato per il Centro Clinico Clarense con cui collaboro in provincia di Brescia. Si tratta di una breve chiacchierata sul bullismo in cui offro qualche piccolo suggerimento rivolto ai genitori.